Post

IN EVIDENZA

"Fresco di stampa": Silvia Rosa, "L’ombra dell’infanzia", peQuod, 2025

Immagine
Un’ape allucinata che sbatte contro i vetri, febbre che arrossa le guance, notte che batte sui denti cariati. Sono questi i mali rappresi in segni violacei sul rosa delle albe d’infanzia, i guasti delle lucciole che muoiono discrete sotto una brina spessa. Io vorrei dire invece lo strappo delle ali che buca la schiena, la perdita del corpo un pezzo dopo l’altro sotto il peso di un nome di fango e resina, che lascia addosso un’onta indelebile e in gola un fiore di spavento: vorrei raccontare di come cresce nelle sere di luna piena, cambiando colore e di come diventano le mani di una bambina quando scavano in bocca una fossa di silenzio. * Dopotutto voleva solo essere una figlia, una madonnina inviolabile, la principessa della fiaba con lieto fine, voleva un papà, non importava che non fosse il suo, che non le assomigliasse per niente, voleva guardarlo negli occhi e leggere l’ammirazione mista a orgoglio che faceva sbrilluccicare le pupille dei padri di altre bambine. Quelle che lei invi...

Bando Premio Poeti Oggi 2026

Immagine
Il concorso giunto alla sesta edizione si articola in un’unica sezione: poesia inedita a tema libero in lingua italiana senza limiti di lunghezza e metrica. Sono inedite le poesie apparse su blog, siti e social media. Si partecipa con un singolo testo da inviare all’indirizzo: poetioggi@gmail.com specificando come oggetto “Premio Poeti Oggi”. Iscrizioni entro il 10 gennaio 2026, non ci saranno proroghe. È  richiesto un sostegno di 5 euro a supporto delle molteplici attività di Poeti Oggi nel diffondere la poesia contemporanea in lingua italiana, da versare tramite circuito PayPal (amici e familiari), destinatario: poetioggi@gmail.com, casuale: donazione sostegno Poeti Oggi,  oppure tramite bonifico iban  IT58A0760113700001024644278 intestato a Luca Bresciani, casuale: donazione sostegno Poeti Oggi . Per iscriversi regolarmente al concorso dovranno essere presentati due allegati: Allegato 1 - documento .docx (Word) contenente titolo (eventuale), testo della poesia, nome ...

Luigi Mariani, tre poesie inedite

Immagine
Villaggio siriano Pare quasi che li abbia portati il vento, qui questi bambini, che qui li abbia insediati e mischiati ai colori della terra. Pare quasi che Dio me li voglia mostrare, mentre tornano da scuola e saltano pozze nella frangia di sole che rompe l’autunno e schiara la mappa del cuore. Il villaggio m’appare, in un’unica visione elementale, con le ossa rotte e il fango secco che pende dai muriccioli e dal pelo delle capre. E tutti brucano, qui, l’uomo e l’animale – sotto lo sguardo di chi passa e di chi non se n’andato mai e qui rimane – tutti si nutrono di quel poco di erba secca e di vita che possono ancora sognare. * Dilemma Perché di questo stiamo parlando, in fondo, se nel pugno chiuso vi sia l’aria soltanto o la moneta rivolta dal lato giusto e tutto questo giro di parole tra noi sia solo musica d’accompagnamento un modo di scandire il tempo o piuttosto oro fuso da colare dentro uno stampo pallottola d’argento destinata al cuore del licantropo che ci divora da dentro. * ...

"Blocchi di partenza": Fabrizio Bregoli legge Dario Marrazzo

Immagine
Non darmi, ti prego, giudizi netti. Sospendi per un momento la furia cromatica, il delirio dei contorni. Regalami piuttosto il disincanto serale, il colore delle colline quando la luce svanendo perdona le cose e le restituisce all’aria. Regalami il nonsenso che talvolta è riposo per chi sa respirare, se non c’è un senso che possa bastare. * La poesia di Dario Marrazzo, in forma metrica di endecasillabi liberi, salvo per la sola rima baciata finale (“respirare” / “bastare”), ci porta in un clima tenue, crepuscolare, che censura i “giudizi netti”. Si tratta di una buona prova, tracciata nel solco di una tradizione rielaborata e fatta propria, senza sommovimenti, se non per qualche inverecondia lessicale come “furia” o “delirio”, subito ricondotti a ordine: “quando la luce svanendo perdona / le cose” (peraltro, enjambement davvero efficace). Gli imperativi (“Non darmi”, “Sospendi”, “Regalami” ripetuto due volte) scandiscono la prosodia, il suo sviluppo. Solo il primo verso, con la acc...

Luigi Pellegrino, poesia inedita

Immagine
il cielo ha una data di scadenza e mi celo ora negli umori tuoi le tue risa autopsie di un dissesto e indosso il tempo delle distanze il corpo che vesti e poi condanni un tempo fu la mia scuola proibita il pasto sconsacrato di un giudeo l’arma carica del disertore si spegne il giorno come questa stanza dentro di te ho inciso stagioni                             di padri mai nati il suono del ritorno ha la notte e fra le mani solo peccati stanchi * Luigi Pellegrino nasce a Napoli nel 1999. Laureando in Lettere Moderne, fa parte del  direttivo di Libera Poesia Contemporanea.   La poesia contemporanea in lingua italiana

"Anteprima Portosepolto": Le rose e il deserto, "Nodo antico", peQuod, 2025

Immagine
Rughe Seguo la linea delle rughe Sul tuo viso, Le ho percorse così tante volte Chiedendomi se esista Una destinazione precisa, L’istante esatto In cui si smette Di essere figlio; Mi chiedo Se sia necessario ricalcare Queste impronte nella neve. * Senza fiato Non ho paura Di perdere la guerra, Già quasi certamente persa; Il rischio è che in questa corsa Senza fiato, senza sosta, Mi sfugga la punteggiatura: Sarebbe dura, senza virgole, Condurre gli occhi in porto Alla sera. * Cemento Nome e cognome Scritti su cemento fresco: Tristezze forestiere, Altre del posto Per l’ultima funzione Di fiori e muratura; Il mare da lontano, Muto, ignora la scena. * Magari Comporre il tuo numero Un’altra volta ancora Soltanto per vedere che succede: Magari rispondi E ti posso raccontare Che ultimamente cucino meno, Che vado spesso al cinema, Da solo, Che ho ceduto molti metri della casa Ai silenzi e al buio. * Mamma Con le parole, da mesi, Combatto questa guerra Per nascondere che Io sono ancora figlio E ...

"Fresco di stampa": Ksenja Laginja, "Chiamali ancora per nome", Arcipelago itaca Edizioni, 2025

Immagine
C’era un tempo in cui abitavamo la terra dei giganti e la preda era la ricompensa, non abbiamo desiderato altro crescendo a brandelli. * Tutti aspettiamo qualcosa così si protegge l’amato evitando di pronunciarlo, per questo non ti nomino mai non lo racconto a nessuno né tento di avvicinarmi o sognarti arrivo anche a negare il fatto mi convinco in questo modo di poterti salvare. * Chiamali ancora per nome quello imposto a mani feconde, l’inverno conquisterà tutto compresa la terra e i piedi che l’attraversano – così ti chiedo una preghiera per tutte le ombre orfane dominate dal silenzio ognuna a modo suo chiede di restare. * Abitare la separazione edificata nel calore del bene, qui puoi spezzare il pane e imporre l’addio alla tensione degli angoli. Vieni più vicino apparecchiamo la tavola di cose semplici, ricorda che il legno è materia viva e anche l’ombra rivendica la sua esistenza. * È un nuovo alfabeto che dobbiamo ricostruire la possibilità di nominare a voce ferma la casa. Così t...

Alessandro Franci, "Debutto nell'oblio", Interno Libri, 2024

Immagine
La linea di canneti e parcheggi, le grida di bambini sui cementi dei piazzali e i camposanti silenziosi come frontiere. I predestinati sorridevano coscienti dei futuri certi lungo strade sicure di ciminiere con mattoni rossi e fumi; quando si persero tutti inghiottiti da ogni punto cardinale lasciarono il campo alle intemperie, ai disarmi, abbandonati e abbandonanti insieme. * I ferrivecchi, le auto smontate i frigoriferi abbandonati i boiler sfondati, taglienti di ossidi rossi, i laminati delle coperture dove le ruggini mordono i pali, nelle discariche rifugio delle serpi di cani a rovistare con i musi nei bidoni nei tempi infiniti lungo le scarpate prima della strada e dei segnali luminosi. * I muri a secco, i campi di trifoglio, dimore di gasteropodi, l’edera tenace, gli ornamenti lungo i rivoli asciutti incisi dai liquami, giacigli e trappole da prede negli anfratti infetti di noie, sonnolenze di ombre pomeridiane e polveri sacre da bruciare come incensi di chiese buie. * Gli svezz...

"Fresco di stampa": Fabrizio Bregoli, "Referti", Società Editrice Fiorentina, 2025

Immagine
Bisogna disimparare a scrivere eludere quel trabocchetto facile che porta solo a accrescere lo scacco, sgrassare tutto il lordo del prodotto per obbligarsi a credere alle briciole: poesia come referto, cruda formula la fabbrica ostinata della resa. Occorre l’espunzione fino all’osso, la disciplina di una scienza onesta, infine sabotare con rigore l’offesa indebita delle parole, l’inganno endogeno del verso nobile, deporre subito mostrine e gradi: è tutto pronto, soldatino inverno. * Non è di atomo in atomo un addensarne il plasma un distillarne o concentrarne il senso, piuttosto un chiuderne in un otre il vento scioglierne in una beuta il coagulo di tenebre. * O il fare di un uccello di passo. Hanno questo accadere esatto, i numeri frequenze definite dove eludersi, faglie intangibili. I primi e i multipli, frontiere labili Labbra che sfiorandosi s’ignorano. * Eludere lo spazio. Ed abusarne farne mezzo, ricettacolo d’onde plasma. Elettroni come arche, globuli minoritari di campo. Poi cr...

"Fresco di stampa": Emiliano Dominici, “Dentro l’isola”, Valigie Rosse, 2025

Immagine
Spingo pesi con le sopracciglia mi lavo i denti con le unghie ascolto l’intorno con uno sguardo vivo il momento con i piedi. Eppure ciascuno ha una propria funzione, l’essere parte di parti di parti di pura finzione. * Piccole bambine bionde sollevano le gonne raccolgono meduse nel palmo della mano e le sciolgono al sole estivo. Le mamme ridono intorno si spalmano olio solare e ridono intanto. Morte crudele di essere inferiore non tocca coscienza né cruda né santa né marcia. * Eppure, Livorno Questa città bella – chissà – in un modo tutto suo, come un corpo che conosco a memoria, amara di menti poco inclini all’apertura, chiusa avara che si fa dimenticare, eppure c’è un porto eppure c’è un mare. * Per Alessandra, senza sapere dove ci porterà il mondo Io e te siamo uguali uomo o donna poco importa. Vivo con te da bimbo ostile se non cerchi la mia mano o parlo piano e non mi senti o non mi ascolti o non capisci e non ci accarezziamo. Lascio che l’ansia mi tiri la pelle. Provo a sorridere...