"Fresco di stampa": Riccardo Delfino, "Versicidio", Terra d'ulivi edizioni, 2023
Legate all’intestino
le braccia le gambe le mani
stanno attorte come pezzi
di un feto abortito.
Un orlo di luce squaglia
la carne di un dito.
Sangue, liquami, pezzi
di cuore, e io solo a sapere
che il bello è già dentro,
che è qui, il nostro altrove;
io solo a vedere la bellezza
delle viscere; a rivendicare,
con fatica, l’interno della
vita a costo della vita.
*
Mi ero quasi lasciato cauterizzare
dal prolungato digiuno invernale.
Ero tornato incolpevole. Felice.
Ma ecco tornare in ricorrenza
- costole all’aria e fianchi azzimi -
l’estate della magrezza istigatrice.
*
E chiedi cosa mi giace dietro:
non io, tesoro; questo me che tu ami
non risiede. Un marchio a vuoto.
È questa tua fede, sola, a costruirmi;
di me non c’è nulla in questo mondo
che mi somigli.
*
Torno a casa e m’accoglie puntualissimo
l’abbandono: quanto s’è fatto grande il crepaccio
ch’è adesso una seconda porta; io e la mia casa
siamo fatti di viscere corrugate, che quasi
a gelosia sono inverate allo stesso tempo;
e non sappiamo quando proclamare cedimento:
quando una casa non è più casa o quando
un uomo non è più uomo; crediamo
nell’arbitrarietà del baricentro:
che l’olocausto delle vene sia quello del cemento.
*
Quanto si è salvato
forse niente. La fatica
del disgregamento. L’io
si è rintanato in un nome
rubato da altri. Bollettino
di guerra: gli è morto tutto -
ma nulla che fosse suo.
*
Pregare una risoluzione.
L’oltrevita o qualche segno che
smentisca la prigionia.
Ma il fuori è ancora un dentro.
Dalla vita non si esce neppure
col suo sventramento.
*
Riccardo Delfino ha 22 anni e nasce a Roma. Inizia a scrivere dai suoi 11 anni. Nel 2021 pubblica il suo libro d’esordio Il sorriso adolescente dei morti. È un arbitro di calcio e studia scienze filosofiche.
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