"Fresco di stampa": Sergio Pasquandrea, "Lunario", Arcipelago itaca Edizioni, 2023
Eppure
sotto questa crosta di metafore
devono esserci le cose
come sotto la pelle c’è la carne
e sotto la carne le ossa
bianche e pulite.
Così dev’esserci il mondo
dietro la mia mano che lo tocca
dev’esserci un altro corpo stretto al mio
dev’esserci un senso qui e ora
ma bisogna fare silenzio.
*
Gioia
Grazie all’incuria della pubblica amministrazione
i papaveri sono cresciuti rigogliosi
sul bordo del marciapiede
e Gioia nel suo quattordicesimo
mese può attraversarli
a gambe ben divaricate nel suo body
rosa confetto bionda
in mezzo a tutto quel rosso.
*
Átha An Ghainimh (Sandyford)
Poi ci sono le cose sfuggite all’obiettivo
i due adolescenti in bicicletta
per una via desolata del North Side
uno sul sellino l’altro semisdraiato sul manubrio
la ragazza con gli occhi del celeste più incredibile
che avessi mai visto
il gruista che mangia il suo pranzo
sospeso a cinquanta metri d’altezza
nella cabina gialla contro il cielo azzurrissimo.
*
Raccolto
Pettinando i capelli di Lorenzo
li trasformo in un campo coltivato
aro la boscaglia delle sette di mattina
in ordinati solchi paralleli
come non riesco mai a fare con i miei
e mi chiedo se anche i suoi pensieri di novenne
sarebbero altrettanto facili da sistemare
se mi sorriderà sempre come adesso
solo perché siamo nella stessa stanza
a parlare in silenzio.
*
Reading
Quando i poeti leggono
non sorridono mai
abbassano gli occhi piuttosto
oppure li fissano in un punto
soltanto a loro visibile
quando leggono la voce
si fa bassa
ma non è la loro voce
non è la voce per bere
la voce per insultare
è una voce per la poesia
una cantilena fioca
quando i poeti leggono
non sembrano contenti
hanno paura di lasciare
libero il fiato
di muovere le braccia
non vedi nessuno ridere
e se qualcuno lo fa si vergogna.
*
San Lorenzo (più o meno)
E anche quest’anno cadono le stelle
che poi non sono stelle
sono ghiaccio cosmico polveri
sottili discariche nel vuoto
perforate da ellissi cicliche.
Sotto però ci siamo noi: gli occhi
fissi a un cielo pallido di lumi
artificiali – e quell’infinitesimo
graffio di luce. Serve a poco
dire che trattasi in fondo
di spazzatura siderale poveri
detriti consumati dall’attrito.
I figli spalancano la bocca
puntano il dito esigono stupore.
Come deluderli? Dal nulla
dall’inconcepibile silenzio
è arrivato a quest’infima lacuna
un sorso di pietà.
*
Sergio Pasquandrea è nato a San Severo (FG) nel 1975. Dai primi anni Novanta vive a Perugia, dove insegna Lettere in un liceo. Ha pubblicato due plaquette e cinque sillogi di poesia. Fra i titoli più recenti: Un posto per la buona stagione (Qudu 2016), Approssimazioni e convergenze (Pietre Vive 2017), Sono un deserto (Lietocolle 2019).
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