"Fresco di stampa": Antonio Nesci, "Vertigine di ogni frattura", Arcipelago itaca Edizioni, 2024


Cerca l’epicentro della parola
e con il fiato sospeso canta
la vertigine di ogni frattura.
Va e porta con te il fuoco
di ogni fusione, amalgama
il tempo con la voce che chiama,
non scordare radici e amuleti
magie infantili da cui rinascerai.

*

Conto i passi del giorno
sazio m’addormento nel buio
della sera, cerco quei sogni
sfuggiti alla memoria e dormo
in un sonno leggero, mi cullo
con il pensiero di te. Conto le volte
che ho incrociato il tuo sguardo
non ricordo il numero infinito
di attese e appostamenti, ora
non mi basta più averti a fianco
saperti nel tuo sonno a sognare
gli incauti momenti della vita.

Tutto ha la perpendicolarità dei ricordi
il liquido magma che invade
il fiume sassoso e limpido
oltre la sera.

*

Ho cercato fra i volti della povera gente,
fra i miti degli orfici canti e infine tra i miei
spaesati mattini, non ho trovato mappe nuove,
solo le imbarazzanti scene di un bizzarro specchio
che deforma la solitudine.

Nulla cambia, il cucchiaio nella tazza del latte
vorrebbe ancora nutrire l’ultimo mio vagito,
ma sono lontano dagli anni del seno di mia madre.

Ho cercato nei luoghi della bambagia
non ho trovato nulla, perché non so
cosa manca al compimento dell’intero,
alla quadratura dell’ultimo perimetro
che va dilaniando tutti i miei pensieri.

*

Cerchiamo insieme la radice del sole,
l’angolo che condivide l’universo e il balcone
sulle rive del cielo, poi ci affacceremo
nell’aria azzurra delle anime, diventeremo
materia innocente e pura della costellazione
e da lì guarderemo ogni transumanza
verso l’infinito, verso ogni ritorno
al tempo che ci ha generati. Ci rivedremo nebulose
e orme di tempeste e saremo sempre noi
nel medesimo istante in cui forma e idea
ci avranno cambiato.

*

Ha cantato già tre volte il gallo,
io ho rinnegato l’ultimo equinozio,
la parola che include il vento e la ragione,
non ricordo l’input della nostra poesia,
solo il verso finale della storia catapultata
nella fase conclusiva della costellazione.
Muore la poesia sull’orma siderale
muore per quell’andare a capo senza regola
quasi uno zig-zag, una ubriacatura fra il ritmo
di una samba e il dolce distillare della vita.
Questo il gallo canta ancora,
sente il tradimento ad ogni verso,
ad ogni scarto fra note addormentate.
La chiave non è sotto lo zerbino, ma è una voce
che imprime l’andatura, la fase coniugante
della lama che entrando nella carne
scava e taglia ogni parola sazia.

*

L’anima, suddivisa in particelle lunari,
luccica nella notte quando sogniamo
la retta via, l’incontro con l’altra parte
di cielo, quando l’alchemica sostanza governa
e gusta il battito della vita.
Ascolto con le mani ogni vibrazione delle stelle,
colgo l’umore delle comete quando
annunciano il cambio del mondo,
siamo oltre gli uragani nelle ferite dell’universo,
fra le anime del Purgatorio e l’ignava attesa
di ogni Limbo, aspettiamo in fila la purificazione
percepita nel vagito primordiale.

Siamo sopraggiunti alle soglie della purezza.

*

Parlate gente dallo sguardo muto,
urlate il vostro pensiero e la rabbia
per le parole macerate dal silenzio,
ritrovate gli sguardi dell’ultimo alleluia
e le mani sul petto devoto allo spirito
del tempo, fratelli urlate, strappate ogni cordone
che imprigiona, cercate la radice e la creatività
dell’ultimo poeta. Così rinascerà la poesia,
il pensiero che moltiplica lo sguardo
e rincorre altri mille universi, tornate ad essere
uomini che lasciano solchi e orme profonde,
cercate la desinenza del dire e del fare ed essere
donne e uomini della parola. Partorite
i figli che scalciano dentro l’anima, sono i versi
ininterrotti della vita.

*

La rivoluzione della parola

Rasento i muri, scavalco le ferite,
mi nascondo urlando ogni variazione
del mio ritmo cardiaco, buio totale dentro
la follia, un libro sgualcito sembra abbandonare
la poesia di frontiera, pagine infangate
dal piede clonato dei legionari senza settenari,
senza endecasillabi che distruggono l’immediatezza
della parola. Al rogo le pagine scritte,
al rogo i poeti, io rasento i muri
sfuggo alla deportazione nel nulla del bianco
dell’invisibile pensiero.
Ci ritroviamo carbonari uniti a riscrivere
i versi nascosti nell’anima, siamo un bel numero
di senza carta, di senza carbone digitale,
confusi fra le urla della piazza e leggiamo
ad alta voce le parole sbiancate dalle coscienze.
Io sono poeta! Anch’io, anch’io è il grido dei sampietrini
divelti dalla rivoluzione della parola
scagliala anche tu la pietra della lingua
ferisci chi vuole annullare la voce.

*

Antonio Nesci è nato nel 1948 in Calabria e vive da anni a Modena. Ha pubblicato numerosi libri di versi (i più recenti dei quali sono, nel 2019, Simmetrica distanza, con prefazione di Vincenzo Guarracino e postfazione di Flavio Nimpo, e, nel 2022, Un apparire soltanto, con prefazione di Fabrizio Bregoli e postfazione di Valeria Di Felice, entrambi editi da Di Felice Edizioni di Martinsicuro) e molte sue poesie sono inoltre apparse su rivista e in antologie varie. 





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