"Fresco di stampa": Silvia Atzori, "Quando tornerai sulla terra", Arcipelago itaca Edizioni, 2024
Il treno per B.: un solo
schermo alla violenza di novembre,
gli azzurri senza strazio sul binario
quindici. L’archetipo del lutto.
Cerchi nella borsa una scusa
ma è già dentro lo stomaco e lo sguardo
agonizzante dei neon fa l’aria rigida.
Il segnale disturbato promette
nuovi porti ma niente:
non si schiuderanno.
Ti prego ascolta i miei consigli: resta
ancora nel sogno congelato. Guarda
lontano dalla ferita.
Toccare è provocare l’infezione, ma nascondere:
per questo fabbrichiamo nei cappotti
il soffocamento del bozzolo
il terrore delle larve.
*
L’encefalo è coperto da membrane, nel suo caso
lo spazio assediato era sotto l’aracnoide.
L’accumulo di sangue si è formato in fretta
entro un mese si sarà riassorbito.
Dev’essere successo dopo la caduta
dentro il campo di gigli grigi, l’urto
l’ha stordita. Gli occhi
pagano ancora col difetto il marchio
lasciato nella zona occipitale.
I primi mesi di là sono stati
poco più che un persistente mal di testa,
le hanno lasciato una certa ipocondria.
*
La resistenza tra le forbici ha ceduto e tu
sacrifichi di nuovo i tuoi capelli.
La prima volta è stato dopo il danno.
La seconda prima del giudizio.
Cresceranno dall’ordine, dalla castrazione
di centimetro in centimetro lenti
come una guarigione.
Non volevo che niente
andasse sprecato e il pensiero striscia dentro, grida
la biscia sotto il piede dentro il campo, i marcatori
per segnare gli animali
quelli vivi dai morti. L’offerta
si distingue facilmente.
*
L’inferno è questione di prospettiva – mi pare
abbia detto anche più di una volta.
Devo averle dato ragione, alla fine
non posso biasimarla se per me
tutte queste cose non hanno sovrasensi:
non vedo le ossa rotte dentro i corpi, nessun
segnale da interpretare se fuori sulla strada
il lampione produce un ronzio. Solo
cerco ancora di diagnosticare
la presenza di una scheggia nel lobo occipitale.
*
Ho creduto a un nome che non è il mio.
Il girasole incollato in foto sulla pagina
la data l’ora il peso e ciò che manca:
una giacca di camoscio con le frange, la madre
di mia madre senza utero, il transfert, la seconda
possibilità del gioco.
*
Silvia Atzori (1998) è nata in provincia di Varese, dove vive e lavora come insegnante di lettere. È laureata in lettere moderne presso l’Università degli studi di Milano, dove si è dedicata soprattutto allo studio della poesia italiana del secondo Novecento. È redattrice di “Medium Poesia”. Suoi testi e articoli sono comparsi su diverse riviste, testate giornalistiche e blog. Ha partecipato ad alcuni progetti legati alla scrittura poetica, tra cui la prima edizione del laboratorio La poesia si fa città, presso l’Università IULM. Nel 2023 è risultata tra i vincitori di Pordenonelegge Esordi.
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