Giovanni Nuscis, "Il tepore che resta", Arcipelago itaca Edizioni, 2024
Terapia oscura
Dalla rupe dei corpi è caduto
il ghiaccio dell’inverno.
I nostri soliloqui sul divano son finiti
e ha ceduto un poco la carne.
Non più silenzio e vuoto
malattia, terapia oscura.
Vivi e sanguinanti ci siamo ritrovati
oltre gli offendicoli di questi anni
nel grido euforico e corale
per la vita che sembrava
felicemente tornata:
ma quale vita, ti domandi, quale
inseguendo con mani tremanti
già altre albe.
*
Inverno
In te c’è un tempo lento che resiste
che parla a bassa voce, sommesso
da vertiginose lance sfiorato.
Scende così su di te
il sole basso dell’inverno
senza sferze di vento e di gelo.
Ti giunge dall’oltre degli occhi
come tiepida vestaglia,
fino a quando, infuocata,
non saluterà la grande palla
oltre il tetto e la corona olivetata
oltre Platamona e l’Asinara.
*
Il tepore che resta
Il tuo passato
è una placida galassia in movimento.
Lo evochi
e stelle lontanissime
ritornano veloci espandendosi,
mostrando sequenze sfumate
di volti, paesaggi, episodi
delle voci di un tempo.
Niente di tutto questo può rivivere
ma gli umili pixel d’un vecchio schermo
sono lì
con la loro parvenza di reale.
Tu sei l’anfratto, la cavità
dove il tepore resta
di quel che è stato.
*
Capogiro
Si inizia col parlare
di cose da nulla
poi di temi che scaldano gli animi
e si individua un nemico
uno che non può restare impunito.
Un tizio attacca a urlare
e lancia un fischio
e tutti dietro;
poi dice morte, schifo
e in tanti ad applaudire
serrando i denti.
Credevi morto quel seme
tracimato dai bordi della storia
che invece all’improvviso riaffiora.
Come un venditore
usi però anche tu parole
che seducono, e ottieni.
Parli col sole alle spalle
e qualcuno oscuri,
che sia seduto, o in piedi.
*
La vita migliore
Sei anche tu su un carro cigolante
tra sussulti, voli, cadute.
Serbi ancora caro il consiglio
di vivere come meglio puoi
grato del bello e del buono
cosciente che ai vizi e ai difetti del mondo
nessuno è estraneo.
Ti basta poco più del necessario.
Non ami gli sprechi
non ti piace chi calcia e s’affanna
per avere più di ciò che merita.
Non sogni una vita diversa dalla tua
puoi migliorarla
ma non staccarti da essa
come il carapace dalla tartaruga.
*
Barlume
Ci perderemo, comete nel cielo
e con noi il ricordo delle ore
dell’amore e del gioco.
Pensando
coi nostri poveri parametri
che il mondo non possa peggiorare;
che molto ancora c’è di cui gioire;
che quando tutto poi andrà a sparire
gli occhi continueranno ad inseguire
del passato la sempre più lontana luce.
E poi più niente
proprio niente rimarrà di ciò che è stato.
O forse una sensazione indefinita
una nostalgia inspiegabile,
un brivido che punge e rattrista
qualcuno nel tempo a venire.
*
Parco di San Paolo
A Michele e Melissa
Sarete fuori un giorno
dal rettangolo di prato
dove adesso giocate.
Un ricordo sarà
l’ippocastano maestoso
piantato al centro dell’aiuola
e la passiflora, in fondo al giardino
al cui profumo vi sollevo.
Più viva sarà forse la memoria
di quel padre un po’ distratto
che su di voi vegliava
con un libro in mano.
Ma quelle ore assieme
non si perderanno in noi
né in questo parco.
Col vento estivo sulle foglie
torneranno le nostre voci.
*
Rigo
Il nespolo mi guarda da oltre il vetro.
Sono attraversato da un verso
che non è quello che scrivo.
Stretto è questo rigo
per contenervi il tronco e la linfa
le foglie, il frutto, il pianto ligneo
in autunno.
A quante cose
non ho dato ascolto!
Molto dovrà perciò bussare il nespolo
paziente
prima di farsi intendere.
*
Giovanni Nuscis è nato nel 1958 ad Ancona, dal 1973 vive a Sassari. Ha pubblicato i libri di poesia: Il tempo invisibile (Book Editore 2003); In terza persona (Manni 2006); La parola data (L’arcolaio 2009); Transiti (Quaderni di Poiein a cura di Gianmario Lucini - Puntoacapo Editrice 2010); Il grande tempo è ora (Arcipelago itaca Edizioni 2021). Collabora con la rivista di poesia "Metaphorica". Fa parte, dal 2008, della redazione del litblog collettivo "La Poesia e lo spirito". Ha un blog personale: "Transito senza catene".
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