"Fresco di stampa": Prisca Agustoni, "L’animale estremo", Interno Poesia, 2025
disfare un mondo per erigerne un altro:
cocci rifiuti vibrazioni
la scavatrice spacca la terra
pietra levigata che intaglia
la civilizzazione del rumore e del vetro.
Mentre i bulldozer
squarciano le viscere della città
alla ricerca della sorgente,
del cuore sanguinante dell’animale,
si aprono ovunque
dei pozzi dei canali delle vene
dei bacini vicino al parco
: noi, al riparo dalla demolizione
e dalla cenere, aspettiamo
che l’istinto di vita
resista, nonostante lo scavo,
e fioriscano le ortiche
invisibili e primitive le radici
*
un disastro di fuliggine e cenere
così dev’essere stato
il primo giorno
la costruzione e la rovina
assediando la pianura
poi, di getto, lì in mezzo
la torre
questa sfida infinita
per confondere il destino della gente
e tra la faglia e lo spavento
erigere una città
un limite intimo
dove vivere è la nostra condanna
*
Prendere i blocchi in lego di tuo figlio per dimenticarti di
tutto, giocare agli ingegneri e costruire delle case, delle
terrazze fiorite, dei quartieri, delle città intere, poi giardini,
parchi, boschi, delle giungle, il tutto in miniatura. I gesti
sono precisi: allineare, montare, incastrare, spostare,
distruggere, ricominciare da capo. Aggiungere degli alberi,
togliere le auto, spostare qualche fabbrica.
Una volta la città pronta, distruggerla, raderla al suolo come
durante la guerra, sapendo molto bene che non è per
davvero, che è solo per gioco e che la vita, fuori, il tempo,
fuori, la gente, fuori, le formiche, fuori, la paura, fuori, il
verde, fuori, restano in piedi, resistono.
Solidi ed eterni.
*
ci sono rumori ai quali non ci si abitua mai
come degli organi la cui presenza
diventa corpo solo quando fanno male:
: sono questa crepa,
il battito di un cuore di mastice,
muta radice che spinge,
che allunga le dita sottoterra,
nel poco d’erba che le resta
*
Far implodere la lingua
madre come torre che crolla
dal nulla,
o come terra che dall’interno
si squarcia e si apre,
e con le rovine
disegnare una nuova casa
su un vecchio quaderno:
cercare il mastice tra le parole
che restano,
incollare i cocci
della lingua morta
che perdurano
come debito nel sangue
e tornano
nel gesto eterno
di chi impara una lingua antica:
accarezzare
a contropelo
il dorso del dinosauro
*
parole dromedarie
preistoriche
migrano assieme alla gente
scendono dai fiordi del nord
o dai cardi delle alpi
e vanno lungo il deserto
vichinghi o tuareg
fratelli di ferro o di neve
pellegrini di noi stessi
confine tra ciò che brilla
e ciò che brucia
*
Prisca Agustoni è nata a Lugano e dal 2003 vive tra il Brasile e la Svizzera. Lavora come docente titolare di letteratura italiana e comparata presso l’Università Statale di Juiz de Fora, in Brasile, e collabora come traduttrice e consulente per diverse case editrici brasiliane e portoghesi. Poeta multilingue, ha pubblicato libri in italiano, francese e portoghese, le sue lingue di scrittura e di vita, e sue poesie sono state tradotte per numerose antologie o riviste straniere. Tra le sue pubblicazioni più recenti, si ricordano i libri scritti in francese Le déni (2012); Un ciel provisoire (2015, finalista Prix Lettres Frontières); Animal extrême (2025); i libri scritti in portoghese O mundo mutilado (2020, finalista Premio Jabuti); Pólvora (2022) e O gosto amargo dos metais (2023, Premio città di Belo Horizonte; Premio Oceanos Poesia). In italiano ha pubblicato, tra gli altri, i titoli L'ora zero (la gialla, podernonelegge/Lietocolle, 2020); la plaquette Lingua sommersa (2021) e Verso la ruggine (Interlinea, 2022; Finalista Premio Fortini; Premio Svizzero di Letteratura).
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