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"Fresco di stampa": Stefania Giammillaro, "Errata Complice", peQuod, 2024

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Ai sensi di una legge non scritta appesa al baratro senza risposta è vietato venire al mondo in un qualunque giorno di pioggia Senza tuono rimbomba il dire del mare che soffia e soffia un ruggito ancestrale tra cosce nude e stoffe bagnate L’appetito nasce senza fame. * È buio non ti accorgi che è buio sulla soglia che attende la puntualità della prova Scappano i ritardi dalle pareti pregne dell’odore consumato ieri * Era proibito il cortile agli schiamazzi quando le ginocchia sbucciate bruciavano di vita appena iniziata Era proibito urlare in protesta contro addii mortali alla coscienza quando puntare i piedi era occasione di crescita Da un vetro di roccia si penetrava il mondo io pesce rosso con diritto di parola * La geografia del corpo non sconta il peccato originale quando le narici adescano il polline soffiato dal feroce ritardo di fine maggio “ La primavera può ancora arrivare ” schiaffeggia il sussurro su chi trattiene il tumulto nelle ossa e fino alle arterie nuoce il fumo che

"Anteprima Portosepolto": Giulio Mazzali, "La pratica del buio", peQuod, 2024

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Al monte Mondo, frastuono di cicale – tramonta il giorno, s’accende sulla schiena la linea d’orizzonte. * Cipressi nel silenzio si assomiglia immobili alla quiete della strada. Non danno voce i morti, solo calce e cenere, come questa nebbia, che avvolge nella sera muri e linee d’ombra. * Attesa Attesa è la nostra, filo di una trama disfatta nella notte perché tutto resti uguale, nulla sia diverso. * Anelli Accade ad ogni istante che il cerchio si propaghi. Anello dopo anello addomesticare l’acqua, il passo folle di tempesta. * Profezia Crescerà tra notti e storture la nuova umanità. Come fico strappato al morso della roccia, lasciato al vento freddo dei coltivi. Fallirà il mare nudo al proprio corso: morirà nelle sue onde sulla linea d’orizzonte. * La nudità nasconde l’inganno della fine, the end is the beginning insiste la voce, e trama la terra gravata dall’inverno, compagna di semi e cime di confine the end is the beginning ripete la voce, mentre il rosa cede alla luce e spoglio il

"Anteprima Portosepolto": Carlo Giacobbi, "Erbe d’esilio", peQuod, 2024

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Ruderi di cielo ama l’addio della foglia ogni quieta dolcezza dello sfiorire sono silenzi d’occhi nella luce svilita riconoscere nella prova occasione le trame nere e nude, loro pasqua in fioritura * Quando ci accorgemmo che su ogni fiato in ascesa andavano crollando ruderi di cielo, non fu difficile farsi persuasi dovessimo credere meraviglia lo sfiorire delle rose. Non avremmo mai creduto saremmo riusciti a fare Dio senza esserlo, a cavare un che di luce dal suo contrario, che si potesse scorgere incanto nel giallore di foglie calate sul grigio dell’aria. Di quanto appare, tutto è né questo né quello, né quanto si veda ma più ciò a ciascuno convenga. Così, anche la putredine dei frutti caduti a nessuno le pareti mute alla tua insonnia l’ostinata indifferenza del loro bianco la crudeltà del silenzio, il suo ghigno venuto a soffiarti «no, non è un incubo» , furono temi da dipanare sulla pagina intestata «cosa c’è di buono in questo» o in quella «cosa vuoi dirmi, inferno» . Ci abitarono

"Anteprima Portosepolto": Antonio Fiori, "La stessa persona", peQuod, 2024

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Venire e svenire , orgasmo e mancamento – le due piccole mancate morti che ogni volta c’illudono di ritornare a vivere. Alla fine del brevissimo sogno solo liberi, invece, di morire di nuovo. * Cancellare dalla rubrica chi ci ha lasciato costa molta fatica, sembra d’infliggere la morte un’altra volta. Io, per esempio, non l’ho mai fatto – conservo tutti i numeri coi nomi e li travaso quando cambio telefono. Mi dico sempre che troverò il momento di ricordarli tutti nei miei versi. Anzi, inizio adesso, ricordando Sergio. * Ci incontreremo ancora ma non nel futuro – saremo di nuovo insieme nel nostro passato. Un giorno, chissà, ci vedranno dal telescopio puntato su questo pianeta – con un solo sguardo violando il tempo e lo spazio. * Si ritornasse a discutere degli angeli agli amanuensi che copiano instancabili alle giaculatorie senza vanti alla vera attesa della fine, si ritornasse ai lunghi viaggi in carovana ai voti per salvare i moribondi alle povere vite di trent’anni... forse saremm

"Anteprima Portosepolto": Franca Alaimo, "100 poesie", peQuod, 2024

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Poi tutto scompare: fiori d’oro, arance, mal di luce. Soltanto notturne costellazioni, ombre silenziose. La luna per morire ha oscurato il viso. * Dio mio, ecco il mio niente, il mio stare qui così povera, le mani rugose, a guardare ancora, a piangere ancora non ricordo più per cosa. Sapendo che è stato tutto ogni volta per una volta sola. Perdonami se spesso non ho fatto cantare il cuore dimenticando di essere soltanto una sciocca bambina che giocava a moscacieca con il mondo. * Voglio una casa senza porte il vento che entra e fischia insieme ad uccelli vagabondi, una casa vuota dove dormono angeli invisibili e crescono fiori tra le fessure dei muri, e di notte la luna sparge la sua acqua d’argento e gira con il tempo finché l’afferro come una moneta e la getto nel pozzo e lei dal fondo mi guarda silenziosa e mi incanta fino all’oblio, fino all’oro dell’alba che sogna questo sogno. * Come attraverso l’oscurità lei ci fa chiaro. E con noi attende che, slargando il cuore, qualcosa ci gi

"Anteprima Portosepolto": Nadia Maurizia Scappini, "Sul fianco del mattino", peQuod, 2024

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alibi ho preso in affitto un alibi modesto un altrove piccolo monolocale monouso monodose. lo arrederò da subito con tanti pensieri ammucchiati in cantina, nei soppalchi di vecchie case, in garage, dentro la mia cinquecento del sessantacinque, negli armadietti di cucina, dietro l’oblò della lavabiancheria, nella ghiacciaia persino, poi farò una bella pulizia: di buon mattino toglierò polvere ragnatele foglie secche umidore residuo briciole stantie sospiri lacrimosi e desueti lascerò un design di poche scarne parole... * parole piccole I percorrono il sonno procede l’ago a piccoli punti singulti smorzati su pause innocenti scompone versi settenari ottave endecasillabi rimati nel tempo della scuola. lascia sul foglio sillabe di filo una virgola due nodi talvolta una poesia II annodo i capelli come la parola in una svolta di respiro tra il dove e l’altrove sanno la sutura dove si stringe il cielo una morsa – un volo? di gravità sottile III anche di soste viviamo e di silenzi nel lume qui

"Anteprima Portosepolto": Ilaria Amodio, "Foglia e Radice", peQuod, 2024

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Sempre mi porto questo lungo grido di terre abbandonate, remote al di là dei mari che separano vite, contrade e tempi perduti sempre mi porto questo lungo canto le radici sepolte nel silenzio spalancano zolle dimenticate se crepuscoli solcano i cieli e la terra si tinge d’ombra e meraviglia, scavando nel dolore * La casa si fa ombra molte le impronte sulla neve e non trovare volto al ricordo ogni cosa si mescola nel bianco quadri appesi ai muri bicchieri scheggiati una carezza, l’attesa. Ma domani è avverbio incerto, domani – e la perdita si tinge d’impronta foglia e radice da abitare oltre l’ombra incurante e spoglia che lega e separa la terra * La malinconia per il mondo si ritrae in una marea di canti e popoli dispersi i Padri lasciano le nostre mani solcano terre straniere oltre i porti a noi sconosciuti e che sorgano come vele al vento le nostre braccia lasciar cadere ogni possibilità che così sarebbe stato che avresti comunque afferrato la mia mano * Tutto si riduce a un framment

"Fresco di stampa": Danila Di Croce, "Ciò che vedo è la luce", peQuod, 2023

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È che si impara a perdere quando osservi la vita di profilo, più smilza e distante, forse, ma con l’occhio rapito dalla frangia esatta delle nuvole. Davvero si apprende a cedere ore e pretese, a rintanarsi in pochi angoli di prato, per non scordare. E accade che persino il lungo fiume degli addii s’incanali infine con più capace abbandono. Sì, è altura spoglia da conquistare questo verso mandato a memoria e s’impara anche solo guardando chi dorme sul cartone, lungo i portici, così, con un sogno addomesticato. * La sincerità non è sulle labbra, non si mescola alle parole della strada e della folla, non sa d’esistere. Si scopre abbassando il ginocchio e il capo. È sapere di essere guardati da te la sincerità. * Di quale fedeltà si è mai capaci, di quale adesione, se anche il sale può perdere sapore e farsi sabbia di fondale, buona solo a mimetizzare vita. Forse l’urlo di dolore esposto lì, sulla strada, magari tra i rifiuti, che chiede d’essere adottato, che attende la sua educazione, so

"Fresco di stampa": Anna Ruotolo, "Prodigi", peQuod, 2023. Segnalazione di Claudia Di Palma

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La fontanella che prelude a qualcosa questo è il segno dei prodigi di quei prodigi assoluti e chiari che non ti aspetti, la fumarola inerpicata tra le gambe non ti scampa, avvampa alla tua faccia raduna il presagio dolce dal sangue. Oltreoceano si conficca la risposta a volte passa sulle nostre teste la nevicata improvvisa, la voce e non siamo mai assieme in quel momento, aspetti e non aspetti niente. * È così che un giorno si smette di scrivere per qualcuno non fai che come navi che si ritirano o i funghi di ombrelloni che si abbattono. È così che ti poggio come un fiore sulla strada e ti prego di prendere radici per te stesso, fino a quando ripioverai sulla mia faccia da un portone malchiuso con le tue braccia di foglie con le tue mani di poesie. * Una mano di piume Un segno di bilancia ti sovrasta vieni da un’orbita che non si può predire e ridi dalle fessure degli occhi dei denti, delle mani che porti davanti (e non togli). Io che sono uno scorpione ti cerco nei nidi, credo che tu