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Michele Trizio, "Cenere del risveglio", Marco Saya Edizioni, 2024

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Cammino direzione piega. Essere la mano che chiede un nome tra verdi persiane. Forse questa casa sarà illusoria ma resta come un alone cuneiforme sulle mura, luogo di contese nello sciame di voci, materno e mattinale. La stagione si trasmuta in evento che ci salva e ci allontana. Talvolta, nell’eclissi, cerchiamo l’ebbrezza di un saluto. * Dici che ciò che ci resta alla fine sono solo gli odori, e forse poco altro, gli altri colori sulle superfici vive mentre noi ci spegniamo piano piano. E invece infinite volte un profumo richiama la memoria al suo compito: preservare le crepe, quelle amate, che fanno tormento del ricordo. Manchi, e per questo sei ovunque, nella materia primordiale imprimi le forme plastiche del congedo. Posso solo vivere accanto alla trama dei vetri, tagliarmi con il sorriso tuo, impercettibile, staccarmi dal corpo nella scena del giorno e amare questo esistere in cui né si va né si rimane. * Qui da noi gli anni sfilano via, il fondo non appare mai agli occhi e impil